Come avevo già anticipato introducendo il Rinascimento, dal punto di vista politico e culturale in quest'epoca gioca un ruolo fondamentale l'affermazione delle Signorie, ovvero di queste aristocrazie oligarchiche che di fatto reggono le fila del potere politico pur non avendo (o non necessariamente) investiture ufficiali. Signorie che fondano molta della loro influenza proprio sul prestigio in senso lato culturale di queste famiglie, e in particolare di alcuni esponenti. A Firenze esponente di spicco di primissimo piano è Lorenzo de' Medici che non solo è stato il protettore il mecenate dei principali filosofi, artisti, e letterati fiorentini del suo tempo, ma che è stato anche egli stesso poeta, e tra l'altro non di secondo piano. Lorenzo de' Medici ha, ha avuto una formazione umanistica, quindi imperniata chiaramente sui classici, ma è stato proprio lui a dare un nuovo impulso al volgare e anche a favorire un rinnovamento uno sperimentalismo di forme e di stili, pur riagganciandosi in realtà al filo diretto della prestigiosissima tradizione fiorentina dei secoli precedenti. Insomma Lorenzo era convinto, convintissimo delle enormi potenzialità espressive del volgare fiorentino. Dobbiamo comunque ricordare e considerare che se nel Cinquecento vi sarà una forte tendenza a codificare a strutturare a selezionare generi temi e forme, il Quattrocento, invece, è un secolo di grandissima apertura e anche di estrema mobilità, caratterizzato proprio dalla tendenza allo sperimentalismo e anche dalla tendenza a spaziare a muoversi tra diversi registri che includono tra l'altro una ricca gamma di produzione comica e goliardica, di carattere in certa misura popolare, filtrato, però, da una prospettiva colta e intellettuale (vedremo in particolare proprio il caso dello stesso Lorenzo de' Medici). Contemporaneamente però c'è, viene praticata, si diffonde anche una tastiera di tipo diverso, molto più elegante colta raffinata. Questo è il caso, che vedremo, per esempio di Poliziano. E non è esclusa la poesia anche di tipo epico, che troverà il suo spazio in questo fervore creativo: in ambito Fiorentino l'esponente principale sarà Luigi Pulci di cui parleremo. Se comunque ci concentriamo sulla produzione di Lorenzo de' Medici, possiamo osservare che si tratta della produzione di fatto di un aristocratico colto, improntata, soprattutto nella fase giovanile, al divertimento e all'intrattenimento di un cenacolo di suoi pari. Ad esempio tra le prime opere di Lorenzo (che pure, come tutti, inizia come petrarchista...) si ricorda la "Nencia da Barberino". Che cos'è? è un poemetto in ottave che sarà poi... avrà un discreto successo, verrà imitato da altri attori proprio del cenacolo laurenziano, come ad esempio Pulci, e si tratta di un'opera di chiara ed evidente impronta parodica, che riprende i temi i modelli la poesia lirica più elevata (quindi per intenderci del filone aulico petrarchesco) per calarli però in un contesto contadino. E quindi l'amata, per esempio, non è più una donna angelica eterea super perfetta, ma è una qualunque contadina; e anche dal punto di vista linguistico la lingua adottata, il registro scelto, ricorre a un lessico e a dei moduli del parlato popolare quotidiano contadino, però li mescola con elementi, invece più aulici e elevati di fatto facendo in questo modo il verso al linguaggio dei contadini... se noi vediamo, leggiamo un passaggio di questo poemetto, siamo alla descrizione della Nencia per l'appunto, dell'amata, e vediamo che scrive Lorenzo: "Le labbra rosse paion di corallo e havi drento duo filar' di denti che son più bianchi che que' del cavallo". Già il riferimento al cavallo... ecco voi dovete immaginare se Petrarca avrebbe mai potuto scrivere di Laura che aveva i denti più bianchi di quelli di un cavallo... no, certamente qui il modulo il bersaglio satirico è per l'appunto quello del contadino che resta ancorato al suo mondo rurale e che dunque ha come termine di riferimento quello della qualità della dentatura del cavallo. Quindi: "che son più bianchi che que' del cavallo et d'ogni lato ella n'ha più di venti le gote bianche paion di cristallo senza altri lisci o iscorticamenti" sta dicendo dunque che senza trucchi che mascherano che correggono l'aspetto la sua amata ha queste belle gote bianche... osservate anche questa iperbole di questi denti, di questa donna con più di venti denti per lato... quindi l'esagerazione anche nella descrizione... "e in quel mezzo ell'è com'una rosa: nel mondo non fu mai sì bella cosa". Questo insomma solo per darvi un assaggio, un'idea di come è pensato, quale è il registro il tono l'andare di questo poemetto, e per farvi capire come l'esito sia in sé piuttosto comico, certo, ma si tratta comunque di un tipo di comicità colta... Dobbiamo immaginare dobbiamo pensare che questi componimenti venissero letti in che contesto? Quando Lorenzo si riuniva con la sua brigata, quindi con la sua comitiva di giovani rampolli ricchi e colti, e dunque con un cenacolo di suoi pari che avevano tutti gli strumenti per cogliere il livello parodico del testo. Mi pare quasi superfluo dirvi che la parodia per sortire il suo effetto comico presuppone la conoscenza del modello di riferimento, cioè dell'oggetto che viene parodiato. Se voi, per esempio, pensate a un comico satirico che fa la parodia di un politico o di un personaggio pubblico è chiaro che se noi non sappiamo nulla della persona che è oggetto di questa parodia, magari sì troviamo la cosa un po' buffa, ci può far sorridere in sè, però non cogliamo fino in fondo l'aspetto comico... Nel caso della "Nencia da Barberino" l'effetto parodico sortisce dalla sproporzione, dal dislivello tra il soggetto che viene cantato che è oggetto di lode (insomma una contadina) e il ricorso invece a moduli espressioni e modelli che sono tratti a volte dal mondo per l'appunto contadino, ma nel loro insieme, come tonalità, dalla più elevata tradizione lirica, alla quale di fatto fanno il verso: quindi oggetti di parodia sono insieme il mondo contadino e la tradizione lirica elevata. Sempre ad un contesto di goliardia aristocratica è da ricondursi il "Simposio", che dietro al titolo che rimanda che orecchia in realtà Platone, quindi modello teoricamente alto, è in realtà una rassegna degli ubriaconi di Firenze... vediamo comunque qui che insomma a parte il lato comico e goliardico, tastiera che evidentemente si addiceva molto alle corde di Lorenzo, vediamo però come viene immessa introdotta nella produzione letteraria anche la contingenza, la realtà cittadina: il presente di Firenze. Insomma Lorenzo de' Medici ci offre uno spaccato della società fiorentina, esponendolo però al riso e anche all'ironia dei suoi amici attraverso questo poemetto satirico che è per l'appunto il "Simposio". tTra le opere giovanili di Lorenzo de' Medici ricordiamo poi anche "l'Uccellagione di starne": è un poemetto in ottave che racconta per l'appunto che cosa? una battuta di caccia alle starne (caccia chiaramente occupazione aristocratica per eccellenza...) l'aspetto interessante del poemetto è il fatto di dare una forma poetica a quella che (è possibile se non addirittura probabile) a quella che era stata una battuta di caccia tra amici, magari anche realmente avvenuta e di giocare però anche qui, anche in questo caso, con l'argomento che è di fatto in sé per nulla o poco letterario, e che viene però calato in un metro che per sua naturale predisposizione sarebbe destinato all'epica, quindi a qualcosa di eroico, di glorioso. Insomma il contatto diretto il cortocircuito fra un argomento piuttosto... un oggetto piuttosto quotidiano banale, e invece un contenitore che allude che richiama qualcosa di alto di glorioso e di eroico, sortisce degli effetti comunque piuttosto comici. Dal punto di vista della lingua quello che ci può interessare è anche l'immissione di alcuni discorsi diretti, che ricalcano moduli e anche lessico dell'oralità, e ci interessa perché mostra quanto in Lorenzo vi sia una vera e propria convinzione anche piuttosto profonda delle enormi potenzialità espressive del Fiorentino. Ma leggiamone anche qui a campione una sola ottava, che mostra la concitazione della battuta di caccia... sono stati già presentati i vari protagonisti i membri insomma di di questo gruppo di amici che si riuniscono per questa battuta di caccia, leggiamo: " 'tira, buon can! Su, tira, su cammina!' 'andianne! andianne!' 'torna qui, te', torna!' 'ah, sciagurato, Tamburo e Guercina!' 'abbiate cura a Sacco, che soggiorna: ah, bugiardo, ah poltron!' 'volgi, Rossina!' 'guata buon can, guata brigata adorna!' 'te', Fagianino...' 'oh, che volta fu quella!' 'vedila qui quella starnina vella'." Notate alcuni aspetti linguistici piuttosto lontani insomma dal... sicuramente dalla lingua che abbiamo visto finora nei componimenti poetici già di Dante di Petrarca, e osservate molte caratteristiche molti tratti del vernacolo Fiorentino. Ma insomma questo era solo per darvi un saggio degli elementi linguistici dell'Uccellagione di starne, sapendo però che Lorenzo de' Medici non si limita a scritti di tipo satirico e parodico, perché frequenta anche una una tastiera più seria e questo soprattutto nella sua maturità: si tratta insomma di un personaggio veramente poliedrico, ricco di sfaccettature. Scriverà dei sonetti (seri in questo caso) d'amore che poi sul modello della Vita Nova di Dante imbastisce in un prosimetro (si tratta del "Comento ad alcuni sonetti d'amore") ma è autore anche di due poemetti di impianto classicheggiante e bucolico (il "Corinto" e l' "Ambra"). Persino, Lorenzo ha scritto delle laudi e una sacra rappresentazione, quindi anche il registro sacro, religioso viene frequentato... Insomma abbiamo una grande un'enorme varietà, ma il componimento più celebre più noto di Lorenzo de' Medici resta senz'altro la celebre celeberrima "Canzona di Bacco". Si tratta di un trionfo: che cos'è un trionfo? Era un testo pensato per essere cantato in occasione per l'appunto di un trionfo, inteso non come la celebrazione di una qualche vittoria, ma trionfi erano dei grandi cortei accompagnati da balli da canti, ma spesso anche da maestose scenografie, che si svolgevano di solito durante il carnevale. L'argomento nei trionfi era di solito di tipo mitologico, improntato però appunto allo spirito anche allegro e spensierato del carnevale... nel caso della "Canzona di Bacco" il protagonista è per l'appunto Bacco, ovvero il dio del vino e dell'ebbrezza. Ne leggiamo qui almeno i primi, primissimi versi, ma sono insomma piuttosto noti, l'attacco della "Canzona di Bacco": Innanzitutto "Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia chi vuol esser lieto sia di doman non c'è certezza". Questo è il ritornello del trionfo, dove poi comincia presentando i personaggi i membri di questa sorta di processione, di corteo: "Questo è Bacco ed Arianna belli e l'un dell'altro ardenti perché il tempo fugge e inganna sempre insieme stan contenti queste ninfe ed altre genti sono allegre tuttavia chi vuol esser lieto sia di doman non c'è certezza". La canzone continua su questo andare fino alla fine... Leggiamo insomma l'ultima parte: "Donne e giovinetti amanti viva Bacco e viva amore ciascun suoni balli e canti arda di dolcezza il core non fatica non dolore ciò c'ha a esser convien sia chi vuol esser lieto sia di doman non c'è certezza". Credo che noterete lo stile l'andamento leggero rapido spensierato: scanzonato insomma. Dietro questa allegria e questa leggerezza però notiamo che si cela anche in realtà un'nquietudine che è molto seria, ovvero l'angoscia per lo scorrere inesorabile del tempo e l'invito a godere del momento presente perché dietro l'angolo si cela sempre l'insidia della vecchiaia e in ultima istanza l'insidia della morte... Quindi la gioia l'amore e il godere del momento presente di tutti i piaceri della vita come esorcismo alla tristezza e alla morte.